MaLEducatrici? – Lettera di una lavoratrice bolognese nell’ambito dell’educazione

Già poco dopo la chiusura delle scuole in Emilia Romagna abbiamo denunciato il trattamento scorretto che si stava tenendo nei confronti di educatrici ed educatori. Pubblichiamo a questo proposito il contributo di un’educatrice sugli sviluppi della vicenda e lasciamo alla chiusura del testo alcune nostre considerazioni.

A settembre sono stata finalmente assunta come educatrice scolastica, dopo anni e anni di lavori come barista, cameriera, paninara dei concerti, vendemmiatrice, babysitter e chi più ne ha più ne metta. Dopo anni di precarietà assoluta riesco a prendere una maledetta laurea triennale in Scienze dell’educazione. A settembre come hanno fatto in tant* mando il mio CV alle cooperative sociali della zona e in un attimo sono assunta. Contratto part-time tempo determinato 18 ore alla settimana. Non ho interventi educativi assegnati, sono una delle tante jolly disponibili dalle 7:30 della mattina alle 18:00 su tutto il territorio bolognese. I miei orari e luoghi di lavoro mi vengono comunicati la sera prima o la mattina stessa, a seconda delle assenze che vado a sostituire. Capisco da subito che non sarà facile e che tante cose non mi tornano: come mai non sono inquadrata come lavoratrice di livello D2 nonostante io abbia il titolo per esserlo? Come è possibile che io arrivi a fare 47 ore settimanali se ho contratto di 18? E come è possibile che in altre settimane invece si dimentichino di me e lavoro 5 ore? E’ il lavoro in cooperativa baby, è l’esternalizzazione dei servizi del welfare, sei una delle tante pedine del mondo degli appalti, né la prima né l’ultima. Continue reading

Brodo di DAD. Appunti per non farsi bollire a scuola durante e dopo l’emergenza coronavirus

Brodo di DAD
Oggi su Giap trovate un nostro intervento e una postilla di Wu Ming sulla situazione scolastica italiana.
Il nostro testo è il frutto di una raccolta di narrazioni/frammenti/estratti da assemblee che mostrano bene la situazione delirante in cui siamo. È una riflessione che esplicita e porta avanti il nostro “Decalogo con lode sulla didattica a distanza” aggiornando nuove preoccupazioni e possibili forme di resistenza rispetto ai cambiamenti che rischiano di stabilizzarsi.
La postilla di Wu Ming invece è dedicata a come gli altri paesi in Europa stanno affrontando la questione scolastica, evitando con accuratezza di seguire il modello “italiano”.
Vi invitiamo a contribuire alla discussione visto che di certo sarà molto partecipata.

Ps. In occasione della pubblicazione del testo su Giap ci è stato chiesto di esplicitare il significato del nome della nostra Rete. La spiegazione completa è qui, ma tra le motivazioni c’è il fatto che il nome è anche un “retronimo”, ossia un acronimo svelato col senno di poi, sulla base delle nostre iniziative.
Visto il periodo crediamo sia importante Battere l’Epidemia del Sistema Scolastico Autoritario.

Ricerca sociale in emergenza

L’emergenza del Covid ha cambiato radicalmente le nostre vite e con esse il modo di lavorare di molte persone.
La scuola è uno dei settori più investiti da questo cambiamento e la sensazione è che alcune delle modifiche al nostro lavoro che stiamo conoscendo siano viste di buon occhio da chi governa e che possano rimanere al termine dell’emergenza. Pensiamo che questo cambiamento vada interrogato.

Insieme ad un gruppo di ricercatrici e ricercatori provenienti da diversi ambiti disciplinari abbiamo dato via ad un’inchiesta sui cambiamenti che le misure approntate per fronteggiare l’emergenza stanno portando nelle nostre vite. La ricerca non investe solo  l’ambito scolastico, ma anche quello del terzo settore e quello della sanità.

Lo scopo del progetto, non finanziato e privo di fini di lucro, non è solo analitico. Pensiamo i mutamenti debbano essere interrogati anche in chiave politica, nell’intento di confrontare le nostre rivendicazioni politiche con il nuovo scenario.

Vi invitiamo a visitare il blog di Ricerca sociale in Emergenza e a partecipare all’inchiesta dedicata all’Istruzione.

Il vicolo cieco della valutazione

Uno dei tanti riflessi automatici che ha guidato l’azione della scuola in queste settimane di emergenza è l’efficientismo. #lascuolanonsiferma è stato da subito l’hashtag lanciato dalla ministra Azzolina, che ha  assicurato che l’anno sarà valido e regolare in quasi tutti i suoi dispositivi ed effetti. Mentre per quel che riguarda l’ammissione all’anno successivo le formule rimangono ambigue anche dopo l’ultimo decreto, sappiamo per certo che la valutazione è un nodo che la ministra vuole preservare a tutti i costi. Tuttavia sembra inverosimile che si riuscirà a valutare come se nulla fosse e difatti questo è uno degli aspetti più problematici che la scuola ha di fronte in queste settimane, dopo che per decenni ha costruito la propria azione sul pilastro ideologico della quantificazione ossessiva delle competenze.

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Decalogo con lode sulla didattica a distanza

L’emergenza CoronaVirus non ha risparmiato il mondo della scuola. In particolare, è emerso il tema della didattica a distanza che il Ministero e il dibattito mainstream hanno dipinto come soluzione alle difficoltà di questo momento.
Se è evidente che la tecnologia consente di mantenere un contatto con gli studenti quanto mai necessario, l’accelerazione acritica del dibattito e dei provvedimenti di questi giorni è preoccupante. Sappiamo bene che durante qualunque emergenza vengono spesso adottate misure e innovazioni che sono poi destinate a rimanere nella quotidianità lavorativa e sociale, senza che ci sia stato nemmeno il tempo di vagliare le diverse opzioni in campo, né di discutere i provvedimenti. Ma proprio perché siamo in questa situazione, proprio perché l’emergenza non sarà breve e  perché i provvedimenti continueranno a influire sul nostro lavoro anche quando tutto sarà finito, occorre discuterne attentamente. 
Anzitutto, un dato politico spiccio: in maniera analoga al campo della sanità – fatti i dovuti distinguo – anche nella scuola la deregulation, il taglio delle risorse, l’autonomia, il decentramento degli ultimi 30 anni hanno determinato una situazione estremamente disomogenea. Ciascun istituto, a seconda delle condizioni del proprio territorio e delle risorse a disposizione, ha reagito a suo modo componendo un quadro di radicale frammentazione che investe sia la didattica (ogni scuola, ogni classe, addirittura ogni docente ha fatto per sé), sia la situazione contrattuale (rispetto alla quale abbiamo già scritto qui ).
Partendo da un’autoinchiesta sulle nostre modalità didattiche in questo periodo di emergenza, ci siamo confrontati sulla vastissima frammentarietà dello scenario che abbiamo davanti e su alcuni discorsi che lo caratterizzano. Abbiamo individuato alcuni nodi critici rispetto ai quali non abbiamo soluzioni, ma su cui riteniamo necessario un confronto per mantenere la barra dritta, dentro e nonostante l’emergenza. Ne è venuto fuori un decalogo, cui crediamo possa essere riconosciuta una lode piuttosto inquietante.

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Più fondi per istruzione ed educazione: contro il virus della frammentazione

Educatrici, educatori, insegnanti, personale ATA, personale amministrativo, addette e addetti alle mense, assistenti scolastici, addetti e addette ai trasporti, persone che intervengono con progetti esterni…

Sono tante le figure professionali che lavorano nel comparto scuola: anni di esternalizzazione dei servizi e tagli alle risorse hanno portato a situazioni di precariato, alla separazione delle condizioni contrattuali che portano divisioni e gerarchizzazioni tra dipendenti, al “devi fare di più e devi farlo in meno tempo”. Spesso scopri il lunedì mattina gli orari della tua settimana lavorativa. Spesso il tuo stipendio ti viene pagato quattro mesi dopo. Spesso hai bisogno di un secondo lavoro perché la paga oraria è bassa e le ore sono poche.

In questo quadro, il modo con cui è stata stabilita la sospensione delle attività didattiche a seguito dell’emergenza sanitaria del Coronavirus ha prodotto un ulteriore peggioramento delle condizioni di lavoratrici e lavoratori. Nel giro di poche ore, fin dall’ordinanza emessa il 26 Febbraio, è stato evidente che chi non aveva un contratto stabile avrebbe dovuto arrangiarsi.

Nel gruppo docenti, diverse persone con una supplenza in scadenza sono rimaste a casa col contratto scaduto. Altre se la sono cavata per il rotto della cuffia. Altre ancora, che lavorano in scuole private, non percepiranno alcuna retribuzione.
Educatori ed educatrici sono stati in un primo momento lasciate a casa senza copertura salariale ed ora si trovano in una situazione di incertezza anche se i fondi per i loro stipendi erano già stati stanziati tramite bandi di appalto. A loro è stato suggerito di stabilire con il proprio datore di lavoro un generico recupero delle ore perse in queste settimane. Ad oggi la situazione delle trattative è ancora poco chiara e risulta evidente che l’amministrazione comunale stia contribuendo ad acuire il problema, non facendosi garante dell’equità salariale delle diverse figure che lavorano nel comparto scuola.

Questa emergenza ricade anche in maniera immediata sulle famiglie, in particolare sulle persone coinvolte nel lavoro di cura che devono improvvisamente mettere in campo risorse per sostituire i servizi scolastici ed educativi. La situazione è, ad esempio, particolarmente gravosa per le famiglie di alunne e alunni con disabilità. L’emergenza non fa che rendere manifeste e acuisce le diverse vulnerabilità e disuguaglianze sociali precedenti al virus: il personale precario, chi è coinvolto nel lavoro di cura, chi non ha un contratto stabile, chi ha a disposizione poche risorse paga maggiormente i costi di questa situazione.

Nelle ultime settimane le figure deputate a prendere misure rispetto a questa situazione hanno rilasciato dichiarazioni roboanti: la ministra ha pubblicato bandi per la didattica online, il presidente della Regione Emilia-Romagna ha invocato un generico “shock all’economia”, il sindaco di Bologna ha registrato video in cui afferma che tutto va bene, mentre il suo vice ha provocato assembramenti sponsorizzando una Card gratuita per visitare musei costosi.

In questo fantasioso bailamme di dichiarazioni, non abbiamo sentito pronunciare da loro ciò che doveva essere detto: più fondi per scuola, sanità, welfare e cultura.

Ci troviamo ad affermare questo principio basilare facendo leva sui diversi ruoli che copriamo. Riteniamo che a questa situazione si debba rispondere in modo compatto sul piano politico ed economico contro i tentativi di spostare il discorso su quello amministrativo e tecnologico, specie nella misura in cui l’uso acritico e frettoloso della tecnologia accelera il processo di privatizzazione e speculazione del privato nella scuola.

Non accettiamo alcun invito a moderare i toni, né ci fidiamo di chi ci dirà di attendere la fine dell’emergenza.
Reclamiamo chiarezza e garanzie economiche per l’intero comparto scuola, per le persone e per le famiglie colpite da questa crisi. Ripudiamo l’ennesima frammentazione e chiediamo risorse per la scuola e la cultura.

Rete Bessa