Confronto alla pari professor*-student*, riflettiamo sulla scuola

Sarà per questo che non si può deviare dal programma?


Pubblichiamo un dialogo-intervista che abbiamo avuto con tre student* del Liceo Fermi di Bologna. Ci siamo conosciut* per la prima volta a Ottobre durante nella piazza dei Fridays For Future, dove anche noi abbiamo preso parola.
Con il ritorno della Didattica A Distanza ci siamo vist* di nuovo e abbiamo fatto qualche chiacchiera. Noi avevamo in testa un percorso lasciato in sospeso da Febbraio scorso, fatto di laboratori da condurre insieme a student*, loro avevano voglia di un confronto sulla scuola e sulla loro situazione. Ne è uscito, per il momento, un articolo pubblicato su Periscopio, il giornale del Liceo Fermi. L’articolo è firmato da Clara Mascellani e riporta le diverse voci di quei dialoghi. Lo pubblichiamo volentieri, in attesa di una nuova occasione di confronto.

Tre studenti di quinta del nostro liceo si sono incontrati per dialogare con insegnanti facenti parte di Rete Bessa.
Ma prima conosciamoli…

STUDENTI: cos’è e come è nata rete Bessa?

PROFESSORI: È nata durante l’occupazione della caserma Sani, l’anno scorso è stato sgomberato XM24, a fine novembre fu occupato; in quell’occupazione iniziammo a mettere in contatto realtà diverse, creando un punto d’appoggio e d’incontro tra professori, in cui poter lavorare circa il nostro modo di fare didattica; e riflettere sulla scuola attuale e su ciò che non funziona

STUDENTI: Cosa non vi soddisfa?

PROFESSORI: Si dice in gergo che la scuola è il luogo di riproduzione sociale; apparentemente mette tutti sullo stesso piano, invece sono molto visibili i disequilibri sociali,perpetuando i privilegi dei più fortunati. Non ci piacciono gli etichettamenti verso chi ha una qualunque difficoltà di apprendimento, secondo noi è possibile partire tutti dallo stesso livello, lavorando un pochino. Inoltre la scuola statale è troppo basata su un organizzazione dall’alto: c’è troppa poca democrazia partecipata e diretta, da chi effettivamente sta a scuola, da chi la fa; durante il lockdown è emerso molto: le decisioni vengono prese sempre da altri. Potremmo parlare ancora a lungo…
Ah e non ci piacciono i voti, a voi i voti piacciono?

STUDENTI: Il concetto di voto nella scuola è giudicare il tuo sapere, ma spesso sembra un giudizio sulla persona,uno che non va bene a scuola si sentirà sempre dire e penserà di essere un buono a nulla. Inoltre non si studia in base ai propri interessi ma in base al prof severo, perché i voti hanno conseguenze.

PROFESSORI: Il problema è quando l’intera vita dello studente, dallo studio, all’apprendimento e alla partecipazione in classe, è finalizzata al voto, tutto è guidato da un fine estraneo all’oggetto stesso del lavoro, ci si abitua fino a sei anni che ogni cosa che fai deve avere un profitto materiale, questo sottrae senso alle nostre azioni: il punto non è imparare storia, il punto è: mi serve un otto, quell’ attività è privata di senso. L’altro giorno riflettevo sull’etimologia della parola scuola: dal greco skholé, ovvero “tempo libero”, la scuola è il tempo libero, che non è occupato dagli affari e dagli impegni; il tempo che dedichi ad un accrescimento personale; studiare, per il cittadino greco,era il tempo migliore che si potesse dedicare a se stessi. La logica dell’affare, dell’investimento, del guadagno, nella cultura classica era opposta a quella dello studio; ora a scuola troviamo parole di lessico economico, come profitto scolastico,crediti, debiti, e non è un caso, perché alla fine degli anni cinquanta, degli economisti hanno cominciato a valutare il rendimento scolastico come un investimento del capitale; il capitale umano, i semi di conoscenza di ognuno, per poi fruttare questo capitale. Noi siamo dentro a questa logica, io vado a scuola per vendere la mia competenza.

STUDENTI: Oggi non lo considererei tempo libero, credo di aver perso molto estro creativo al liceo; mi dispiace che ci sia questo disinteresse generale nell’andare oltre al voto: uno è felice se ha preso un bel giudizio, anche se per farlo non ha appreso niente, basta il bel voto.

PROFESSORI. Questo è dettato da una forma di resistenza, perché o fate così o il voto ha comunque conseguenze nella vostra vita; siete giustificati. Alle superiori ti viene dato uno schemino che devi sapere; uscire da quello è molto difficile, noi abbiamo fatto il liceo, però non abbiamo imparato a dire queste cose dentro il liceo, ma con le esperienze. Io vorrei dire che una scuola senza voto non è utopistica, esistono realtà, che si chiamano scuole libertarie, ma ciò che sembra irrealizzabile è farlo nella scuola italiana, sarebbe bello richiedere degli spazi di sperimentazione dentro alla nostra scuola statale.

STUDENTE. Per esempio, momenti di accrescimento personale, per me lo sono state le assemblee: raro momento di dibattiti e confronti su argomenti di attualità.

PROFESSORE. Allora io mi chiedo, perché non riuscire a portare questi momenti anche nella didattica di tutti i giorni? Se l’assemblea funziona come momento educativo, perché non fare una richiesta da parte di tanti studenti, che a gran voce chiedono di fare una lezione partecipata e di confronto? Per riflettere circa il periodo in cui vivete.

STUDENTE. raramente succede,ma sembra che la scuola sia strutturata in modo che gli studenti abbiano poca voce in capitolo, anche solo guardando da chi è composto il consiglio d’istituto: noi siamo in 4 a rappresentare 1600 alunni, poi ci sono 4 genitori e 8 professori.

PROFESSORI. Siamo d’accordo sul fatto che avete poca voce in capitolo; da parte nostra , sganciarsi dalla linea ministeriale del programma, è complicato, ma non impossibile. Noi dovremmo ragionare maggiormente sulle vostre esigenze;la simmetria di questo rapporto non deve essere di potere, ma una simmetria di esperienza, di conoscenze e di pratica. Per fare il professore devi insegnare qualcosa che ti appassiona moltissimo, la scuola dovrebbe ruotare attorno ad un concetto di entusiasmo: essere appassionato da un lato e lasciarsi appassionare dall’altro, condividere entusiasmo in modo bilaterale.

STUDENTE: forse la scuola è così perché la società è così, ci insegnano che l’ignoranza rende schiavi e il sapere liberi, che studiando il mondo impari a ragionare, però …

PROFESSORE. Però Tutto diventa finalizzato a qualcosa, studi per un tornaconto personale: è diventata una scuola utilitaristica, possiamo dire di volere una scuola in-utile?